Quando si vuole strafare: l’uso improprio della tecnologia!

La settimana scorsa è stata pubblicato su una nota rivista di cardiologia uno studio condotto presso l’Università di Catanzaro dal titolo: “Multichannel Electrocardiograms obtained by Smartwatch for the diagnosis of ST-segment changes”. Lo studio è stato anche ripreso da alcuni articoli di quotidiani nazionali in cui si enfatizzava l’importante innovazione di un orologio in grado di effettuare un elettrocardiogramma per poter fare la diagnosi di infarto.

Durante la mia lunga carriera come cardiologo ho avuto la possibilità di vivere in prima persona i progressi nel campo della diagnosi e della cura delle patologie cardiovascolari, spesso legati ad innovazioni tecnologiche. La possibilità di eseguire una traccia elettrocardiografica mediante un orologio è sicuramente una nuova conquista tecnologica. Pertanto, interessato da questa novità tecnologica ho approfondito la ricerca sopracitata.

Lo studio è stato condotto su un campione di 100 pazienti su cui è stato eseguito l’elettrocardiogramma sia con macchinario standard sia mediante uno Smartwatch e la relativa applicazione per Smartphone (iPhone Series 11 Pro; Apple Inc.). Gli elettrocardiogrammi sono stati poi analizzati in doppio ceco da due cardiologi esperti. Il campione di 100 pazienti analizzati dallo studio includeva 54 pazienti con dolore toracico e infarto miocardico acuto con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI), 27 pazienti sintomatici con infarto miocardico acuto senza sopraslivellamento del tratto ST (NSTEMI) e 19 individui sani come campione di controllo. L’analisi statistica dei risultati ha mostrato una sostanziale sovrapposizione dei tracciati eseguiti, anche se non completa. Questi risultati sono sicuramente interessanti ma leggendo la ricerca mi sono sorte alcune perplessità.

La prima perplessità deriva dalla “difficoltà” tecnica nell’esecuzione dell’elettrocardiogramma con lo Smartwatch: per l’esecuzione del tracciato completo, infatti, l’orologio deve essere posizionato sequenzialmente su diverse posizioni a livello del torace (8 posizioni sul torace più la classica posizione al polso) e contemporaneamente posizionare un dito sul sensore dell’orologio. Nei pazienti valutati nello studio, il tracciato elettrocardiografico, per la complessità dell’esecuzione, era eseguito dai medici dell’Unità di Terapia Intensiva Coronarica dell’Ospedale di Catanzaro. L’impossibilità di eseguire il tracciato a causa di queste difficoltà ha determinato l’uscita di tre pazienti dallo studio; pazienti a cui, quindi, non sarebbe stato possibile eseguire una diagnosi di sindrome coronarica acuta. In aggiunta l’elettrocardiogramma eseguito con lo Smartwatch presenta 9 derivazioni in confronto alle 12 del tracciato standard (le mancanti sono aVL, aVF e aVR), questo causa quindi una “perdita” di qualità e di efficacia diagnostica del tracciato. Anche il tempo necessario per eseguire l’elettrocardiogramma con l’orologio non è trascurabile: ci sono voluti mediamente quasi 6 minuti a paziente per posizionare l’orologio nei vari punti del torace ed acquisire le derivazioni complete. Non dimentichiamo, infine, la necessità di far visionare a un cardiologo il tracciato elettrocardiografico prodotto dallo Smartwatch, cosa non sempre facile da attuare fuori dall’ambito ospedaliero.

Le sindromi coronariche acute sono una delle principali cause di mortalità e morbilità nel nostro Paese. La tempestività e accuratezza della diagnosi sono fattori determinanti la prognosi di queste patologie. Appare quindi evidente quanto lo strumento diagnostico leader quale l’elettrocardiogramma debba essere preciso e sicuro: qualità indiscutibilmente raggiunte dall’elettrocardiogramma eseguito con le modalità standard. Introdurre novità tecnologiche che vadano a sostituire uno strumento con una potenza diagnostica così elevata deve quindi essere valutato con molta cautela. In questo caso mi sembra quindi più un puro esercizio di tecnologia piuttosto che una vera possibilità diagnostica.