Si diano subito ai Medici di Medicina Generale tutti gli strumenti di telemonitoraggio

Intervista da Doctor33, ripresa dal quotidiano Il Messaggero

Il prof. Fedele: «Ai medici di famiglia gli strumenti di telemonitoraggio, solo così gli ospedali torneranno a respirare»

Ospedali super affollati, pazienti in attesa per ore sulle barelle, poltrone che si trasformano in letti… l’emergenza sanitaria ci ripropone, ogni giorno, queste scene.

Ma c’è un modo per arginare queste situazioni? Perchè la medicina del Territorio non fa da barriera (come dovrebbe)? Perchè molti codici verdi non vengono curati a domicilio?

Per il decano dei cardiologi Francesco Fedele (Direttore della Prima Clinica di Cardiologia presso il Policlinico Umberto Primo della Capitale, e docente di cardiologia alla Sapienza ) l’obiettivo della categoria è tenere il malato a casa. «Deve farlo il medico di famiglia, non il suo collega dell’Usca (unità speciali di continuità assistenziale) ; che è importante quando i dispositivi mancano, e soprattutto in assenza di programmi di telemedicina. Ma adesso i programmi ci sono, anche se su scala ridotta, e vanno usati tutti perché sono in grado di evitare una quantità estremamente importante di ricoveri. Il medico di famiglia oggi può collegarsi al paziente, monitorarne i parametri in tempo reale e girarli all’ospedale in caso di peggioramenti. L’applicazione della telemedicina è fondamentale non solo per la gestione Covid ma anche per le malattie croniche non trasmissibili oggi penalizzate: cardiologiche, oncologiche, pneumologiche ecc».

Fedele quindi ricorda la situazione a Roma. Qui sono attive da una parte le Usca, unità speciali di continuità assistenziale che da settimane svolgono oltre 100 accessi domiciliari al giorno – un record – per tamponi e visite, incluse.

E dall’altra operano piattaforme di telemedicina regionali come LazioAdvice che consentirebbero al paziente di attingere ad informazioni utili sull’emergenza pandemica e di connetterlo con operatori sanitari e con il numero verde 800.118.800. La riflessione di Fedele parte da queste ultime. «Una piattaforma dovrebbe non solo dare risposte al paziente sui servizi sanitari ma anche dare risposte agli operatori sanitari sulle condizioni del paziente. Atteso che LazioAdvice possa offrire questo – anche se lo vedo per ora in ogni caso sottoutilizzato – è tempo di testare altre soluzioni tecnologiche che permettono di collegare paziente, ospedale e territorio. Ce ne sono tante, forse troppe, e, d’accordo, il tempo per metterle a sistema non c’è. Di fronte a un problema analogo, la relativa scarsità di test per lo screening Covid-19, si è fatto in modo di allargare l’offerta ai medici di famiglia con una convenzione. Per ottenere più in fretta il vaccino si sono affiancate, in parallelo, le fasi dei trial clinici. Per la telemedicina sarebbe ora ugualmente di allargare l’offerta, cioè di sdoganare le realtà esistenti e di mettere in atto tutte le soluzioni tecnologiche che realizzino la connessione tra ospedale e territorio per il controllo a distanza di pazienti che possono essere ospitati su posti letto “virtuali”».

Fedele fa riferimento, ad esempio, ad piccole strumentazioni (simili ai controller delle playstation) che però oggi «sono in grado di registrare pressione, battito, saturazione, di eseguire ecg e tramite Wi-Fi trasmettere i dati in automatico sia al medico di famiglia sia al centro ospedaliero. In una metropoli i programmi possono essere utilizzati partendo dal distretto con collegamento agli ospedali di riferimento. Al medico ospedaliero, la possibilità di conoscere con la massima rapidità i dati di telemonitoraggi e televisite consentirebbe di smaltire gran parte delle prestazioni no-Covid, e in ambito Covid di ricoverare solo pazienti che desaturano, nonché di trattare sul territorio con eparine e cortisonici gli altri che non presentano fattori di rischio evidenti».