Piano nazionale di ripresa e resilienza: quale il ruolo dell’Università? Il nuovo governo saprà rispondere adeguatamente?

Il presidente incaricato Mario Draghi parlando del suo programma di Governo ha dichiarato: “al centro la scuola”. Tutti noi sappiamo che uno dei temi caldi e delle sfide per il prossimo governo è rappresentato dal versante salute pubblica e dai programmi di gestione del “Recovery Found”. Il governo uscente aveva approntato un piano nazionale di ripresa e resilienza su come investire i fondi del “Next Generation EU” che dovrebbero arrivare allo Stato Italiano dall’Unione Europea. Sono d’accordissimo sul fatto che bisogna partire dalla scuola e in generale dagli aspetti culturali e non solo economici. In quanto Professore Universitario di Cardiologia leggendo il programma del piano nazionale di ripresa e resilienza mi sono soffermato sui capitoli relativi all’istruzione, alla ricerca e alla salute che hanno stimolato in me alcune considerazioni che desidero condividere con voi.

Nel capitolo relativo all’istruzione si elencano alcune possibili azioni volte a garantire un più facile e omogeneo accesso alla scuola da parte di tutta la popolazione. Si menziona poi l’importante ruolo svolto delle Università e la necessità di “ringiovanire” tali istituzioni. Si evidenzia infatti come nel nostro Paese ci siano numeri bassi sotto la media OCSE per quanto riguarda il numero di ricercatori e conseguentemente anche di brevetti prodotti dalle nostre Università. Viene quindi sottolineata la necessità di implementare il numero di ricercatori investendo su risorse umane. Tutti buoni propositi ma quale è il preciso ruolo delle Università Pubbliche al fianco di menzionati e non meglio specificati centri di ricerca? Quale sarà il rapporto pubblico-privato nell’ambito universitario?

Nel capitolo della salute vengono elencati diversi obiettivi tesi a realizzare un miglioramento del funzionamento della macchina dell’assistenza e della gestione del paziente. Ruolo sicuramente importante svolge il potenziamento della medicina del territorio e della telemedicina: il nostro Paese presenta purtroppo tra i valori più bassi dei Paesi dell’OCSE per quanto riguarda l’efficienza della medicina territoriale e della gestione dei pazienti fuori dall’ospedale. Oltre a questo sono presenti anche obiettivi da raggiungere per il potenziamento della ricerca nel campo medico. Trovo sicuramente di fondamentale importanza questo punto dal momento che la pandemia ha mostrato quanto sia necessaria la capacità di poter contare su macrosistemi di ricerca efficienti e in grado di raggiungere risultati in tempo brevi. Molto spazio in questo capitolo viene dato agli incentivi sulla ricerca facendo riferimento alla ricerca negli ospedali e negli IRCCS e soprattutto alla ricerca in campo oncologico.

Mi chiedo però, dopo questa disamina dei due aspetti istruzione e salute quale sia il programma di potenziamento per le Università pubbliche, in particolare nel settore delle scienza mediche. Infatti se da una parte sul versante ricerca ampio spazio e finanziamenti sono previsti ai centri di ricerca privati e sul versante salute ugualmente grandi investimenti dovrebbero essere destinati a ospedali e IRCSS, non si rischia così di svuotare il ruolo istituzionale delle Università pubbliche e in particolar modo di quelle di Medicina e Chirurgia?

Queste erano le domande che ci ponevamo prima del discorso del Prof. Draghi al Senato della Repubblica in occasione della fiducia al suo governo. Leggendo attentamente il testo di tale intervento, tenuto in data 17/02/2021, si evidenzia, accanto alla enunciazione di progetti, la necessità di rafforzare la dimensione strategica del programma. In questo senso le missioni del programma che prevedono cultura, formazione, ricerca e salute non potranno essere considerate solo sulla base del rapporto costo/beneficio a breve termine ma soprattutto come investimenti per il futuro. Nel discorso di Draghi solo accennata è la necessità di chiarimento del contributo di privati al “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”. Speriamo che la nuova ministra dell’Università, ex-Rettrice di un’università pubblica anche se di relativa recente istituzione, considerando la triplice funzione delle università di Medicina e Chirurgia (ricerca, assistenza, didattica) e i tagli di risorse e personale subite in passato con grandissima penalizzazione nei confronti di enti privati che sicuramente hanno sofferto meno queste decurtazioni, si impegni a colmare questo divario al fine di potenziare le istituzioni universitarie pubbliche le quali possono garantire assistenza, didattica e ricerca realmente indipendente, vale a dire non condizionata da conflitti di interesse e/o interferenze economico-sanitarie.