Fase 2: riapertura parziale di tutto fuorché della mente.

Recita un vecchio aforisma: la mente è come l’ombrello, funziona meglio quando è aperto. È proprio il momento di far tesoro di questo ammonimento. È fondamentale che si apra completamente la mente di tutti, governanti, scienziati, medici, operatori sanitari, imprenditori, cittadini, affinché:

  1. Si riconoscano con onestà intellettuale gli errori e le criticità che hanno contribuito ad aumentare la virulenza del COVID-19;
  2. Si evitino operazioni di strumentalizzazione;
  3. Si attuino azioni di riforma e riprogettazione per salvaguardare e potenziare la salute e la cultura (Scuola e Università);

Per quanto riguarda il primo punto, non possiamo non riconoscere che questa pandemia ha messo in evidenza punti deboli del nostro Sistema Sanitario Nazionale che possono essere riassunti nella: a) debolezza dell’assistenza territoriale; b) sproporzione tra strutture pubbliche e strutture private accreditate con predilezione per quest’ultime in alcune realtà regionali; c) carenza di posti letto di rianimazione e associate competenze (strettamente collegato al punto precedente in quanto sicuramente la sanità privata accreditata non ha interesse nelle rianimazioni); d) scarsità di presidi diagnostici (tamponi, test sierologici) e soprattutto di dispositivi di protezione per il personale sanitario.

Per quanto riguarda il secondo punto, prendo spunto da un bellissimo articolo uscito in occasione del 1° maggio sul Fatto quotidiano “Politica e paura: così il capitalismo sfrutta il virus”. Ritengo che in questo momento dobbiamo porre attenzione affinché questa drammatica situazione non sia strumentalizzata dal capitalismo sanitario e dal capitalismo della ricerca. Enti privati più agili e meno burocratizzati rispetto a  quelli pubblici possono sfruttare “la paura del momento” per mettersi in prima linea e alla ribalta, anche mediatica, per drenare risorse e finanziamenti che dovrebbero, al contrario, prediligere il sostegno alla Sanità e alla Ricerca pubblica, sicuramente non profit.

La naturale conseguenza di quanto rimarcato precedentemente riguarda il terzo punto, relativo al potenziamento del nostro Sistema Sanitario e della nostra Università.

Fondamentale è assicurare una articolata e capillare rete assistenziale territoriale che possa permettere non solo la diagnosi ma anche l’assistenza domiciliare dei pazienti meno gravi. In questo specifico ambito possono essere implementate le tecnologie di telemedicina per il controllo a distanza dell’elettrocardiogramma, della pressione arteriosa, della temperatura corporea e della saturazione di ossigeno nel sangue. L’assistenza domiciliare in tele monitoraggio sicuramente può detendere il carico assistenziale ospedaliero permettendo un più mirato impiego degli strumenti terapeutici attualmente a nostra disposizione. Non sono ancora i vaccini, ma se si evita lo tsunami degli accessi ai pronto soccorso, i pazienti ricoverati possono realmente usufruire di risorse diagnostiche e terapeutiche che stanno dimostrando la loro efficacia. Sul versante ospedaliero, potenziamo gli ospedali pubblici e non dimentichiamo quelli che, anche se datati come il San Camillo ed il Policlinico Umberto I a Roma, per la loro struttura a padiglioni si adattano perfettamente non solo alla cura dei pazienti infetti COVID-19 ma anche al trattamento delle altre patologie non trasmissibili come quelle oncologiche e cardiovascolari che, comunque, rimangono sempre al primo posto per morbilità e mortalità. Non dimentichiamo e non trascuriamo queste strutture: lo spettro del San Giacomo e del Forlanini ancora aleggia su Roma e rappresenta un monito per i nostri Governanti affinché non adottino provvedimenti legati a logiche semplicisticamente economiche, sostanzialmente miopi nella prospettiva.

Che dire poi dell’Università, che in questo drammatico momento si è contraddistinta per la sua relativa assenza.  È la sede della formazione, abbiamo bisogno di medici e di specialisti preparati e all’altezza di situazioni di emergenza quale quella che stiamo vivendo. Vogliamo ripensare alle modalità di reclutamento dei nuovi medici? Il sistema a quiz così come attualmente concepito sicuramente non seleziona accuratamente. E la ricerca? Sono due mesi che vediamo in primo piano istituti di ricerca privati. Ma non dovrebbe essere l’Università la capofila? Non continuiamo a dissanguarla come stiamo facendo da anni. I giovani migliori ci lasciano non solo per l’estero ma anche per trasferirsi in ambienti più remunerativi, sicuramente più profit e meno indipendenti.

Riflettiamo su tutto ciò, apriamo le nostre menti e sfruttiamo di questa pandemia lo stimolo a rimodulare la nostra Società privilegiando valori fondamentali come la cultura e la salute.